Glossario
Quaderno 1 (MMB23) pag. 419
Buzus, Buxus, Busus
Sec[olo] XV: “Item quod pro consuetudine servetur quod ex quolibet alveo seu brugazolo seu buzo apium”. (St[atuti] di B[ergamo], III, 6[1])* = Alveare
Nelle nostre Valli di Scalve e Brembana ed in Piemonte si dice tuttora büs; nel Vicentino e nel Veronese dicono buzo de ave e nel Friuli boz des as; nella Leggenda di San Patrizio, codice in veneziano del sec. XV, si legge “le boze de la miel e de la cera piene de ave”,[2] e se crediamo a Romanin (Storia [Documentata] di Venezia, I, 228 e II, 52)[3] i Veneziani chiamarono buzo un naviglio, laonde il famoso Buzindoro vorrebbe dire naviglio dorato.
Da büs, boz e buzo derivano i nostri diminutivi bozól, büzól e bizól = arnia, il bös che il nostro Assonica usò nel sign[ificato] di piffero, il béssola che nella V[alle] Calep[io] vale Zangola, il bozola dei nostri vecchi Statuti, il bossolo e bozzolo dell’ital[iano]. A me piace il trova-re parentela tra il superbo Bucintoro e l’umile alveare.
* e lo Stat[uto] del 1422, III, 171.[4]
Note:
[1] Cfr. supra s.v. Brugazolus.
[2] Il testo della leggenda citato è ricavato da Grion (1870) presso Gaetano Romagnoli (1870: 67-149, part. 138-139); un fugace cenno al manoscritto, proveniente da collezione privata, da cui Grion ricavò la sua edizione a p. 115.
[3] Il riferimento a cui accenna Tiraboschi si trova alla pagina 238 del Tomo I di Romanin (1853) di Samuele. Nella nota 2 leggiamo infatti “[…] dal noto naviglio Buseus” (corsivo nell’originale). Nel Tomo II (pubblicato nel 1854), invece, il riferimento al nome del naviglio e alla sua etimologia è alla pagina 33.
[4] In BCBg, Sala I D 7 34, III 171, f. 83v, la lezione è buxo apium.